Dicono di GZ

28.4.09

La carpa di guardia

"Arrivo in questo posto, ambiente straniero ma perlopiù italofoni. Bisogna percorrere in macchina un viottolo molto poco rassicurante, che parte da una specie di statale in mezzo alle campagne, e costeggia dall'alto un fiume non troppo torbido e verdastro. Il sentiero (concepito evidentemente per essere sorvolato) è cosparso di anfore, quali più grosse quali più ridotte o fatte a pezzi e ammassate lì per dove la nostra macchina (sono con mio padre, insolita visione) deve farsi strada. Mi sorprendo perché non odo rumore di coccio durante il percorso, che non dura più di un minuto o due. Appena arrivato capisco che l'onirisi è una sanatoria per tutti i piani che a uno venga in mente di costruire. Si giunge infatti a una specie di cottage pluridimensionale, dotato di bizzarrie edili difficilmente riproducibili, che ospita in alcune zone delle mucche marroni (quasi tutte stanno mangiando). Ma la cosa più orribile è che da alcune pozzette oblunghe (sembrano legate al fiume sottostante, ma non si capisce bene in che modalità geofisica) sgorgano delle grossissime, immense carpe da guardia, una cosa da Miyazaki preso in ostaggio da Freddy Kroeger. Pare poi che in effetti esistano delle carpe gigantesche, ma perché lo sapevo?"
Ecco uno dei tanti poteri che le allergie stagionali - inculcate ieri sera nel mio petto i(n)spirato dal fortissimo vento impollinatore - mi conferiscono: amplificare le usuali cazzate in grandi, gigantesche, strepitose cazzate. Anche quello di scattare diapositive ai miei sogni:


La carpa di guardia © SLB

2.4.09

Sete - no, forse anche oto.

Perché sono così assetato? Capisco in estate, capisco quando la palestra scarcerava il mio corpo dalla fitta tenebra di putredine in cui ormai si è sprofondato, un lapillo di placente innervate di nero, un baluginio solforoso di amebiformifarmicidiosincrinaturaleatramb-------
-Non ho più il polso! -Presto, smontate la rotula, mettetela in aceto, fatto?, appiccate incendi ai precordi del tempo, gracchiate l'urlo del polipo, collezionate bestie--- -MA DOTTORE?! MA LEI E'---
-BWAHAHAHAHAHAHghgzhgzhgzzzzzgzgzgz

Torno d'altro canto da una giornata pazzesca dove prima una filigrana e poi un masso continuo mi hanno sospinto e accaldato verso la stazione, da cui è partito un treno finito giusto nel mio lettino, dove ho poltrito sonnacchioso fino alle cinque (lat. quinque, osc. pimp, umbr. cagnettappuà). Bevendo nei momenti di veglia, s'intende. Poi non c'è stato molto più, ma prima c'era stato un seminario prospettico sugli epigrammi inscritti dalle lumache sulle prime verze nei campi bulgari quando il sole crolla dalla carretta e dissemina sapienza sul grumo di mondo che popoliamo insieme a molti altri animali, piante e cantanti lirici. La sera prima è stata molto prospettica verso il seminario, invece, e il sonno era lungi da venire. Prima ancora c'era stata la creazione dei ghiacci, delle meduse e dei cantanti lirici. Dopo il seminario (Camps avrà difficoltà a capire l'ordinamento cronologico di questi fatti realmente avvenuti) c'è stata l'impotenza, un piattino di pasta e sconcerto raccolto per strada e colato sul bavero, prima di un concerto di cui abbiamo una diapositiva: tschik - prrrrrrt - tschak - tschuess! Ebbene quella che abbiamo concordato (io, Dro, e lui, -San) essere una fagiana forse frocia di caucciù vulcanizzato, le zampine ciondolanti come Uri Chechi (!) sull'immane ferraglia arrugginita di questo Ottocento-un-po'-per-farlo, un musicale, tecnicissimo (gli rendo il giusto merito), ripetutissimo predicozzo postmoderno, Basta, per favore, basta, sei bravissimo, è vero, ma c'è un corteggio di servetti senza ironia che ti accompagna, basta con questo suonare purulento, e tu sì sei bravo, sei addirittura una secchia marcida, ma ora BBasta!
Domansera c'è invece lo Stabat Mater di Pergolesi, sperando di non farmi masticare gli stivali un'altra volta. Tschuess!